Secondo i dati resi pubblici da «ASud'Europa», il
settimanale del centro Studi Pio La Torre, la Sicilia è tra le regioni
italiane, quella con il maggior numero di opere iniziate ma mai portate a
termine. Ben 196 grandi opere su 395 del totale nazionale. Un dato negativo che
annovera tra le vittime grandi opere quali: lo scorrimento veloce
Agrigento-Caltanissetta, le dighe di Blufi, delle Madonie e l'autostrada A19
che collega Palermo a Catania, i cui lavori durano da quasi un trentennio. Ma
il bollettino potrebbe essere ancora più lungo se fossero inclusi i ritardi sui
tratti delle linee ferroviarie, delle aree
di bonifica e di rivalutazione territoriale.
Ennesima occasione mancata per un settore - quello
degli appalti pubblici - che invece
potrebbe dare nuovo slancio all'economia locale. Secondo quanto dirama
l'Osservatorio regionale dei Lavori pubblici, i Comuni, le Provincie e la
Regione siciliana, hanno partecipato a soli «610 appalti di gara in un anno»,
poco più di 1,6 appalti al giorno.
Dal momento in cui l'appalto è stato aggiudicato,
qual'è la causa che genera ritardo sulla tabella di marcia? Secondo la Corte
dei Conti, le carenze devono essere ricondotte alla mancanza di una «cultura
della programmazione e del monitoraggio» che si riscontra sia all’interno delle
pubbliche amministrazioni, che nei rapporti con i privati.
L'Uver, l'unità di verifica degli investimenti
pubblici, branca del Ministero per lo sviluppo economico, ha monitorato lo
stato delle opere pubbliche nazionali, sin dal momento in cui le gare di
appalto sono state aggiudicate. Dal monitoraggio emerge che le grandi opere
incompiute viaggiano su binari differenti tra il Nord e il Sud della nazione.
Un divario questo che non aumenta la crescita economica. Dalle cifre pubblicate
dal Corriere del Mezzogiorno, «sono circa 30 mila le mancate assunzioni per gli
addetti al settore edilizio cui si aggiungono i 40 mila posti di lavoro persi
nei cantieri già chiusi, passando quindi dai 160 mila occupati del settore,
agli attuali 120 mila». Sempre più
cantieri non riescono a ultimare i lavori iniziati. La crisi dei pubblici
appalti e dell'edilizia locale si ripercuote inevitabilmente sulla
microeconomia siciliana, la quale perde mordente e potere d'acquisto. In una
regione in cui il turismo è un valore aggiunto, investire e programmare sulle
grandi opere pubbliche aumenterebbe l'appeal di un territorio già ricco di
attrattive da valorizzare.
Invertire la tendenza negativa registrata
nell'ultimo periodo può incentivare la crescita.
Dario
Cataldo
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