venerdì 22 febbraio 2013

Sicilia, prima tra le regioni con il maggior numero di opere pubbliche incompiute: 156 su un totale di 395



Secondo i dati resi pubblici da «ASud'Europa», il settimanale del centro Studi Pio La Torre, la Sicilia è tra le regioni italiane, quella con il maggior numero di opere iniziate ma mai portate a termine. Ben 196 grandi opere su 395 del totale nazionale. Un dato negativo che annovera tra le vittime grandi opere quali: lo scorrimento veloce Agrigento-Caltanissetta, le dighe di Blufi, delle Madonie e l'autostrada A19 che collega Palermo a Catania, i cui lavori durano da quasi un trentennio. Ma il bollettino potrebbe essere ancora più lungo se fossero inclusi i ritardi sui tratti delle linee ferroviarie,  delle aree di bonifica e di rivalutazione territoriale.

Ennesima occasione mancata per un settore - quello degli appalti pubblici -  che invece potrebbe dare nuovo slancio all'economia locale. Secondo quanto dirama l'Osservatorio regionale dei Lavori pubblici, i Comuni, le Provincie e la Regione siciliana, hanno partecipato a soli «610 appalti di gara in un anno», poco più di 1,6 appalti al giorno.
Dal momento in cui l'appalto è stato aggiudicato, qual'è la causa che genera ritardo sulla tabella di marcia? Secondo la Corte dei Conti, le carenze devono essere ricondotte alla mancanza di una «cultura della programmazione e del monitoraggio» che si riscontra sia all’interno delle pubbliche amministrazioni, che nei rapporti con i privati. 
L'Uver, l'unità di verifica degli investimenti pubblici, branca del Ministero per lo sviluppo economico, ha monitorato lo stato delle opere pubbliche nazionali, sin dal momento in cui le gare di appalto sono state aggiudicate. Dal monitoraggio emerge che le grandi opere incompiute viaggiano su binari differenti tra il Nord e il Sud della nazione. Un divario questo che non aumenta la crescita economica. Dalle cifre pubblicate dal Corriere del Mezzogiorno, «sono circa 30 mila le mancate assunzioni per gli addetti al settore edilizio cui si aggiungono i 40 mila posti di lavoro persi nei cantieri già chiusi, passando quindi dai 160 mila occupati del settore, agli attuali 120 mila».  Sempre più cantieri non riescono a ultimare i lavori iniziati. La crisi dei pubblici appalti e dell'edilizia locale si ripercuote inevitabilmente sulla microeconomia siciliana, la quale perde mordente e potere d'acquisto. In una regione in cui il turismo è un valore aggiunto, investire e programmare sulle grandi opere pubbliche aumenterebbe l'appeal di un territorio già ricco di attrattive da valorizzare.
Invertire la tendenza negativa registrata nell'ultimo periodo può incentivare la crescita.


Dario Cataldo


Nessun commento:

Posta un commento