sabato 16 marzo 2013

NOMADI, NOZZE D’ORO IN VISTA


Tra il 14 e il 16 giugno di quest’anno, i Nomadi festeggeranno i loro cinquant’anni di musica e successi dalla loro fondazione. Era il lontano 1963 quando Beppe Carletti e Augusto Daolio diedero vita al progetto, assemblando un gruppo che sarebbe entrato a pieno diritto nella storia della musica italiana. Da quell’anno, tutto o quasi è cambiato. Dei padri fondatori della band è rimasto solo Carletti. Il mai dimenticato Daolio ha lasciato un vuoto profondo tra i fans. Negli anni, gli avvicendamenti per rimpiazzarlo sono stati pochi, soltanto due. Dal 1992 il suo posto è stato preso da Danilo Sacco, il quale dopo aver condiviso l’avventura come frontman del gruppo per quasi un ventennio, nel 2012 ha maturato la scelta di intraprendere la carriera solista. In giro per l’Italia, di recente il suo tour ha fatto tappa a Palermo, presso il teatro Agricantus. Le sue corde vocali sono poderose, potenti e squarcianti.

Ricordano molto quelle del compianto Augusto – tanto che nonostante la scelta di separarsi dallo storico complesso emiliano, nel suo repertorio concertistico Sacco non abbandona i cavalli di battaglia dei Nomadi. Altro avvicendamento come voce solista è stato quello che di recente ha visto il giovane Cristiano Turato, subentrato all’uscente cantante di Agliano Terme.

Come non dimenticare le canzoni che hanno proiettato nella leggenda il gruppo di Carletti e company. Chi può dimenticare la struggente ”Auschwitz”, la quale ricorda con poetica abilità l’abominio dei campi di concentramento nazisti, una delle pagine più buie dell’umanità. Come dimenticare “Dio è morto” che all’epoca destò perplessità e critiche, infondate oserei dire – la Rai decise di censurare il pezzo. Il testo è un crudo riferimento all’arrivismo esasperato dell’uomo, che spinto dalla sete di potere sarebbe disposto a tutto. Ma proprio quando si pensa di aver toccato il fondo, quando si pensa di aver sporcato l’anima con le brutture umane, è proprio lì che dobbiamo avere la forza di risalire perché, in fondo, “se Dio muore è per tre giorni e poi risorge, in ciò che noi crediamo Dio è risorto”. Un messaggio di speranza conclusivo, degno del migliore Guccini, autore del testo che condanna apertamente la guerra e i giochi di potere. Il sodalizio Nomadi – Francesco Guccini va oltre la sfera professionale, tra di loro c’è vera amicizia e stima reciproca. Infine, come non menzionare “Io Vagabondo” il singolo che, scartato al Disco per l’estate del 1972, si rivelò un successo tale da vendere più di un milione di copie. Il testo è un vero inno alla libertà, all’anticonformismo e alla ribellione sociale. Un grido di speranza che riecheggia in quelli che da lì a poco sarebbero stati gli anni di piombo, gli anni del terrore sociale e delle barbarie politiche.

I Nomadi sono stati sempre schierati da questo punto di vista; il loro rifiuto alla guerra, a qualsiasi tipo di lotta armata, è facilmente riscontrabile nei loro testi, specie quelli degli inizi. In cinquant’anni di storia, l’Italia e con essa il mondo è notevolmente cambiato. La globalizzazione ha assunto un ruolo da padrone incontrastato. Che il messaggio di libertà, vero motore dei Nomadi, possa essere da esempio per le generazioni future, un po’ come quanto cantato nella coinvolgente “Il Vecchio e il bambino”, in cui il divario generazionale è mitigato dal messaggio di speranza tra due visioni del mondo apparentemente distanti, ma in realtà molto vicine. “Mi piaccion le fiabe, raccontane altre”; così termina l’ultimo verso della canzone. Con questa esortazione è doveroso il tributo alla storia dei Nomadi, affinché abbiano ancora molto da raccontare ai posteri.

Dario Cataldo 


Articolo Pubblicato su Globus Magazine

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