Nel corso del week-end primaverile appena trascorso si è celebrata la ventunesima edizione della “Giornata mondiale dell’acqua” iniziativa patrocinata dalla FAO per sensibilizzare al delicato tema delle risorse idriche del nostro pianeta. “Il mondo ha sete perché ha fame” è lo slogan coniato per l’occasione dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, a testimonianza dello stretto legame tra produzione di cibo e scorte idriche. Lo spreco del cosiddetto “oro blu” è devastante per il pianete, per certi versi ridicolo e inutile. Si pensi che per produrre 1 Kg di pasta secca, in Italia sono necessari quasi 2.000 litri d’acqua.
Marta Antonelli, una delle autrici del libro “L’acqua che mangiamo. Cos’è l’acqua virtuale e come la consumiamo” fa una precisazione su un particolare settore dell’economia nazionale, il quale è tra i grandi consumatori idrici, ovvero l’agricoltura. Per la scrittrice, “L’agricoltura italiana impiega una quantità di acqua enorme, e quanta più ne usa, tanto meno efficiente appare essere il suo modello gestionale”. Ma a distinguersi per consumi abnormi di acqua non è solo il settore agricolo. Si pensi a quello dell’industria tessile. Da una recente indagine condotta da Greenpeace, la maggior parte dei capi prodotti da prestigiosi brand della moda, contengono sostanze pericolose, capaci di agire sul nostro sistema ormonale e nervoso. La stessa associazione si è impegnata affinché i grandi marchi eliminino totalmente l’utilizzo di sostanze tossiche dalle filiere di produzione, sostanze che inevitabilmente contribuirebbero a contaminare l’acqua. Già in Cina, il 40% dell’acqua di superficie è inquinata mentre il 20% di quella da bere è stata dichiarata contaminata da sostanze cancerogene.
Il dato è paradossale se confrontato con quello delle persone che nel 2013 continuano a non avere accesso all’acqua potabile: circa 1 miliardo. A questa cifra si deve aggiungere quella dei 2,5 miliardi di persone costrette a non disporre di adeguati servizi igienico-sanitari. Effetti prodotti? Ogni 25 secondi, un bambino muore a causa di acqua contaminata o impura.
Tra le iniziative promosse dalla “Giornata Mondiale dell’acqua”, il decalogo di azioni domestiche per salvaguardare questo prezioso bene. Sono semplici regole, che ognuno di noi potrebbe seguire per il bene comune. Si spazia dal “chiudere il rubinetto quando ci laviamo i denti” al “lavaggio delle stoviglie in una bacinella” piuttosto che sotto l’acqua corrente. Dal preferire ”la doccia al bagno” al “riparare i sanitari che gocciolano”. Queste ed altre semplici norme domestiche potrebbero far risparmiare quantitativi di acqua rilevanti.
La popolazione mondiale si aggira sui sette miliardi di individui. Si è stimato che con l’attuale crescita demografica, nel 2050 saremo nove miliardi. Il sempre più difficile reperimento di acqua pulita è un argomento che negli anni a venire è destinato ad assumere un’importanza capitale, con il rischio di conflitti all’orizzonte. Si consideri che la Terra è ricoperta dal 70% di acqua. Di questa, però, solo il 2,5% è acqua dolce, mentre il restante 97,5% è salata. Inoltre, della bassa percentuale di acqua dolce, solo lo 0,3% proviene da fiumi o laghi mentre il 30% è acqua di falda. La restante porzione è situata in ghiacciai o zone il cui approvvigionamento è destabilizzato dalle scarse condizioni logistiche.
Morale della discussione? Pensare che il problema dell’acqua è lontano dal moderno Occidente è l’errore più grande che si potrebbe commettere. In un contesto mondiale sempre più globalizzato, i riflessi di possibili crisi idriche si avvertirebbero dovunque. Ecco perché è fondamentale che ognuno di noi contribuisca nella propria quotidianità a lenire gli effetti dello spreco. È la Terra che lo chiede! A noi la scelta: assistere inermi o agire e prendere una posizione?
Dario Cataldo
Articolo pubblicato su Globus Magazine
Nessun commento:
Posta un commento